NON
SIAMO AMICI….. SIAMO DI PIU’ DEGLI AMICI
“Un
altro viaggio assieme a te Caro Umbi”.
Le
persone speciali non le puoi immaginare, neppure volere come le vuoi tu,
proprio perché è impossibile immaginarle.
Sono
come delle sorprese, non te lo aspetti e come d’incanto appaiono, le persone
speciali.
Le
persone Speciali sono rare, ma ci sono.
Ogni
persona le incontra e ci crede.
Arrivano
e basta, le persone speciali.
E
ne rimani innamorato.
Magari
l’incontro al momento non dice nulla, poi, parlando, scambiando idee, farsi
domande, suggerendosi consigli, aprirsi a delle confidenze.
Frequentandosi
a poco a poco.
Mettendosi
a nudo piano piano.
Piccole
cose….
Frequentandosi
sempre più…. e senti che stai più di bene.
Non
serve fare grandi cose.
Essere
se stessi senza travestimenti.
E
quando ti fidi in tutto, per te quella persona è speciale, è diventata speciale,
diversa da tutte, la pensi spesso e ti fa bene, ti manca ma non soffri perché
l’hai incontrata, l’hai conosciuta, ti ha dato e a te sembra di non contraccambiare,
di non dare mai abbastanza.
E
più passa il tempo e più ti accorgi che è speciale.
Nella
mia esistenza ho incontrato molte persone, interessanti, poco interessanti,
alcune lo sembravano i primi tempi, ma lungo il cammino non hanno lasciato il
segno e il viaggio assieme è terminato.
Pochissime
sono le persone che ho tatuato sulla mia personale energia interiore, alcune purtroppo
se ne sono andate….. ma non mi hanno lasciato solo perché ho il loro
insegnamento dentro.
Queste
persone non sono “i miei amici”.
Oramai
“amico” sta diventando un qualsiasi vocabolo ordinario memorizzato e
inflazionato.
Sfugge
oramai il vero senso e peso nel pronunciarlo questo nome: “Amico”
Amico:
un’unità di misura, un modo di dire.
I
social network pullulano di “amici”, li sfornano, li danno in pasto.
Quanti
amici hai?
Sei
mio Amico?
Mi
dai l’amicizia?
Grazie
dell’amicizia.
Invita
amici.
Tizio
è amico di..
Amici
che potresti conoscere.
Un
significato antico, importante.
“AMICO”.
Pronunciarlo
era un vincolo di sangue, un saldo legame, un parto gemellare inseparabile.
Una
parola sacra un tempo, che ora si sta svalutando a poco a poco a nostra
insaputa, una leggerezza.
Fatta,
disfatta, non lascia effetto.
Attraverso
un cavo ottico abbiamo trovato un sacco di amici che tappano apparentemente il vortice
del buco nero della solitudine, ma spento il collegamento virtuale si ritorna
nel baratro più nero dell’abbandono.
Ce
lo chiediamo sempre, io, Andrea e Greta…..i miei cuccioli..
Noi
siamo degli amici?
Ci
guardiamo negli occhi e dopo un primo leggero accenno negativo con la testa,
con forza ci rispondiamo….
NOOOO…
SIAMO PIU’ DEGLI AMICI!.
Gli
amici vanno e vengono nel tempo, perché in quel momento ci sono simpatici, vien
voglia di voler bene un po’, di più ad alcune persone, si frequentano per
solitudine, per interesse, si prendono in giro a volte.
Noi
no.
Io
Andrea e Greta, SIAMO PIU’ DEGLI AMICI.
Io
non sono il loro amico, sono il loro Papà, l’unico Papà che hanno ed avranno,
spero per un po, in questa vita….
Non
ne possono (per fortuna o per sfortuna loro) averene un’altro.
Io
sono uno dei loro chakra, il loro terzo occhio, quello interiore, io sono una
parte del loro cervello, io sono una porzione del loro cuore, io sono un
momento della loro serenità.
Sono
il loro porto sicuro in mezzo alla termpesta.
Non
li potrò e non li devo mai deludere, questo è il mio compito…. Essere e farmi
vedere a loro sempre come me stesso….. semplicissimo, devo essere quello che
sono, senza travestimenti.
LUI……Cominciò
a lavorare sin da piccolissimo con impegno e grande energia, in famiglia
serviva il contributo di tutti, grandi e piccoli, maschi e femmine.
A
20 anni, dopo aver dimostrato grandi doti lavorative e di progettazione diventa
la persona di fiducia e responsabile di una importante azienda di Bolzano,
qualche anno dopo rileva completamente l’attività. L’azienda subisce lentamente
una trasformazione e cresce fino a raggiungere i 50 dipendenti.
Si
lavora sodo.
Esporta
in tutto il mondo macchinari e brevetti usati nel mondo della zootecnia.
Impegno,
sudore e difficoltà, non prenderanno mai il sopravvento e non vincono sulla sua
inesorabile spontanea energia, disponibilità ed entusiasmo, che lo
caratterizzano tuttora…. a 74 anni.
Un
tristissimo periodo segna il suo generoso desiderio di formare una famiglia che
gli viene negato da un tragico incidente al primogenito ancora in culla.
Ma
lui, nonostante questo dolore che pochissimi hanno vissuto, cresce.
Famiglia,
lavoro, clienti, fatica, impegno, serietà, spostamenti nel mondo, alcuni incidenti
gravi, tra cui uno, in coma, polmone, gambe, spalle, schiena, protesi.
E’
messo male.
Lo
danno a vita con stampelle e bastone.
Lui
no, non ci crede, non vuole.
Cresce,
è un samurai, si, un combattente.
Cresce
ancora, si ferisce, guarisce, le cicatrici sono un ricordo, ci sono, devono
esserci, c’è posto ancora per qualche altra.
Gli
anni passano, tantissime le cose viste e i lavori fatti e disfatti.
A
60 anni una decisione importante, vende l’azienda consolidata, conosciuta,
rispettata e stimata.
Gli
vogliono bene tutti, gli operai piangono questa decisione, piangono la sua
mancanza.
Figli
e nipoti sono grandi oramai, ma sono sempre dal “papà-nonno”
Eccolo
ora nel 2015 a 74 anni, super attivo,
un’energia inarrestabile.
Ci
siamo conosciuti in un viaggio Namibia.
Io
non ho più il nonno e neppure il papà.
Quante
cose vorrei chiedere ora, guardarli negli occhi, stringere le loro vissute mani
ruvide.
Nonno
e papà mi mancano, ma ora lo devo fare ai miei figli…..loro non lo sanno e sono
sereni.
Ma
adesso anch’io ho trovato un Papà e un Nonno Speciale….. posso guardarlo negli
occhi, abbracciarlo e stringere l’esperienza delle sue mani…..
Ho
il mio “Porto”
Noi
non siamo amici
SIAMO
PIU’ DEGLI AMICI.
A
presto “Umbe” per questo nuovo incontro.
Dai
che ci siamo.
Ti
voglio bene
La
Vita è un’ Avventura ma anche un Cin Cin
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Questo è un viaggio-avventura che sento dentro e desidero da tanto.
Innanzitutto voglio ringraziare pubblicamente l’amico Stefano Merlo che mi ha messo la pulce
nell’orecchio e mi ha dato definitivamente lo stimolo necessario per far
partire questo sogno.
Sentii
parlare e vidi alcune foto di queste zone del Tajikistan e del Pamir nel
lontano 1995 quando intrapresi il viaggio in Tibet con l’amico Erich Sandri.
Apparentemente fu
solamente un interesse leggero che mi sfiorò appena, ma inconsciamente mi colpii molto vedere
quelle montagne così alte e come lame taglienti spingersi prepotentemente verso il cielo azzurrissimo.
Mi rimase qualche cosa dentro e il fato volle che incontrai alcuni americani che fecero questa attraversata, segui e lessi i loro racconti qualche tempo dopo quando feci le montagne nel Nord del Pakistan nel 1996.
Mi rimase qualche cosa dentro e il fato volle che incontrai alcuni americani che fecero questa attraversata, segui e lessi i loro racconti qualche tempo dopo quando feci le montagne nel Nord del Pakistan nel 1996.
Queste
difficili piste, sempre in balia di frane, alluvioni e smottamenti, erano gli
unici collegamenti che strisciavano e si insinuavano lentamente tra le montagne e valichi oltre i 5000 m
di altitudine.
Percorsi impegnativi e polverosi che facevano viaggiare fra non poche difficoltà, per giorni, per settimane, per mesi, per anni, lunghe carovane di mercanti ed esploratori che dovevano anche difendersi dai sanguinari assalti da parte di banditi e predoni.
Percorsi impegnativi e polverosi che facevano viaggiare fra non poche difficoltà, per giorni, per settimane, per mesi, per anni, lunghe carovane di mercanti ed esploratori che dovevano anche difendersi dai sanguinari assalti da parte di banditi e predoni.
Una
infinita e immensa ragnatela di piste che proveniva dall’oriente.
La Grande Via della Seta.
Rimasero
li, fermi, per molti anni, i miei appunti, poca roba, fatti di nomi di villaggi
e piccoli insediamenti, fatti di distanze e dislivelli, fatti di schizzi disegnati su carte di ogni tipo, di
piste e strade percorse da cavalli e camion di lavoratori e pellegrini, fatti di possibili punti di ristoro.
Sogni e sogni......chissà.... mi dicevo.
Sogni e sogni......chissà.... mi dicevo.
Rimasero
li, fermi, li, fino al 2006.
Nell'ottobre di quell'anno ero in Marocco, sulle montagne, ad organizzare un’avventura estrema in MTB, 700 km no stop con
road book.
La prima in Europa, mi divertiva offrire un nuovo gioco
avventuroso a qualche decina di amici.
3-4
giorni no stop, anche di notte, in autonomia, con solamente alcuni chek point
come punti di controllo e di sicurezza.
In MTB, passando le alte e antiche montagne dell’Alto Atlante, i vulcanici colli a 3000m del Saharo, fin arrivando alle zone desertiche limite del Sahara.
Che
bello.
Che
ricordi.
Ecco,
in quell’occasione, in un chek point, situato in un povero e misero rifugio gelido e buio, dove solamente il fuoco all'interno di una piccola stufetta a legna cercava di portare, per quel che poteva, un po di tepore al mio corpo martoriato dalla fatica e dalla fame, mentre attendevo il passaggio degli amici-concorrenti, incontrai un gigantesco ragazzo russo, biondo, chiuso dentro la sua grossa giacca di cuoio consumato e sponsorizzata, riempita pienamente dalle curve dei suoi grossi muscoli.
Si fermò lì quella notte, per riposare, si leggeva sul suo volto la stanchezza della giornata, e anche per dar respiro alla sua grossa moto fuoristrada tutta imbrattata di fango secco.
Quella
sera, davanti ad alcuni tè alla menta e ad una ciotola di pistacchi, nacque una simpatica intesa. Parlammo di avventure e di viaggi nel mondo, e guarda un po, ancora lui, saltò fuori per l'ennesima una volta il Pamir.
Mi
parlò molto di questi luoghi, si vedeva dal luccichio nei suoi occhi e dalla
sua estasi, che ne era fortemente attratto da quei luoghi.
Mi
disse che l'altipiano era favoloso, le sue genti ancora pure, splendide, disponibili e molto ospitali.
L’idea-sogno che si era depositata nei miei meandri, riaffiorò, rispolverai e aggiunsi altre piccole informazioni ai miei appunti cerebrali.
Ma il sogno rimase ancora un sogno.
Rimase li, fermo, passarono ancora diversi anni.
Poi lo scorso anno, 2014, venne a trovarmi Stefano Merlo, anche lui è un viaggiatore.
Passammo alcuni giorni in MTB sui monti della Sardegna, non ricordo come e in
che modo, ma il Pamir si svegliò ed era sulle nostre labbra.
La gravidanza era matura e il parto imminente.
Pochi mesi dopo lui
fece questo viaggio, al ritorno mi mandò il suo materiale, era euforico, seguirono telefonate
e la sua disponibilità era costante.
Oggi, 20 anni dopo, quel viaggio in Tibet, la
scintilla accese il lume e fece un’intensa luce tra i miei desideri.
Questa
avventura però sentivo che chiamava forte una persona a me cara, non avevo
dubbi dovevo condividerla con Umberto
Grazie
Stefano, è colpa tua.
La Vita
è un’Avventura, ma anche un Cin Cin
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